Alex Carozzo alla Golden Globe |
«Patate, cipolle, 250 litri d'
acqua, cento succhi di frutta, due bottiglie di whisky.» Quando Alex Carozzo
mette in acqua la sua Golden Lion, la barca che ha costruito nella stiva del mercantile
su cui era imbarcato ( era il 1965) la
cambusa era più o meno tutta lì, patate e cipolle in quantità sufficiente ad
attraversare il Pacifico da Tokyo a San Francisco. Traversata riuscita anche se
all’epoca a conoscere questa storia erano pochissimi.
La carriera di navigatore solitario di Alex è cominciata lì e poi è proseguita con alterne fortune, tra l’altro ha partecipato alla Golden Globe, la folle regata. Adesso a 80 anni suonati vuole navigare da Venezia alle Galapagos, 6000 miglia sulla rotta della missione della Vettor Pisani. Conoscendolo c’è da giurare che la sua cambusa, con qualche piccola modifica, sarà ancora basata su patate e cipolle.
La carriera di navigatore solitario di Alex è cominciata lì e poi è proseguita con alterne fortune, tra l’altro ha partecipato alla Golden Globe, la folle regata. Adesso a 80 anni suonati vuole navigare da Venezia alle Galapagos, 6000 miglia sulla rotta della missione della Vettor Pisani. Conoscendolo c’è da giurare che la sua cambusa, con qualche piccola modifica, sarà ancora basata su patate e cipolle.
Paragonate al tripudio di alimenti che
mediamente ingombrano le cambuse delle barche dei diportisti e dei naviganti le patate e le
cipolle di Carozzo fanno riflettere. La domanda è: perché mangiamo così tanto?
Quando è successo che anche in mare il cibo abbia preso il sopravvento su
tutto? Non c’è navigazione, regata, gita a remi che non cominci e si concluda
con pantagrueliche “magnate”, innaffiate da abbondante vino e intervallate da
merende e aperitivi. A volte sembra che andare per mare sia solo l’alibi per
mangiare. Senza niente togliere al valore conviviale dei pranzi e delle cene a
bordo, qualcosa non torna.
In mare come a terra domina un atteggiamento
bulimico. Peggio ancora. Mangiamo e parliamo di cibo, lo fotografiamo, lo
postiamo per condividerlo virtualmente. Abbiamo fatto del cibo un’ideologia e dei
guru di Slow Food dei maitre à penser. Non potendo cambiare il mondo abbiamo
reclinato su Master Chef. Va bene forse a terra, ma in mare questa bulimia, oltre
a provocare spesso sgradevoli raccate, stride. Ridurre il cibo significa fare
spazio per altro, in senso fisico e mentale. Concentrati su pranzo e sulla
cena, sugli aperitivi e sulle merende e sugli spaghetti di mezzanotte ci dimentichiamo
di altri modi per passare il tempo: stare a guardare il mare in silenzio,
parlare con i nostri compagni di viaggio, fare i piccoli lavori di bordo,
leggere, o più semplicemente non fare niente. Le cipolle di Carozzo ci parlano
di un modo di navigare essenziale, parsimonioso, in qualche maniera più intimo
e profondo. Navigare può, non deve ma può, essere un’alternativa a stili di
vita terricoli che ci stanno stretti. Ma se a bordo ci portiamo i vizi e vezzi
della terraferma non andremo molto lontano, anche se percorreremo centinaia di
miglia.
E per concludere, dopo pranzo o dopo cena, potreste leggere il libro di Alex: Qualsiasi oceano va bene
E per concludere, dopo pranzo o dopo cena, potreste leggere il libro di Alex: Qualsiasi oceano va bene
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